Lo rivela uno studio di CEINGE e IZSM sulle vie di trasmissione indirette di Sars-Cov-2
Quanto riesce a sopravvivere il virus Sars-CoV-2 in un ambiente? Ci si può contagiare toccando una superficie, impugnando un utensile, sfiorando la pulsantiera dell’ascensore?
A queste domande hanno provato a rispondere i ricercatori del CEINGE Biotecnologie Avanzate Franco Salvatore e dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, attraverso uno studio lungo e complesso sulle vie di trasmissione indirette, che ha visto impegnati il gruppo diretto da Franco Salvatore, Emerito dell’Università e fondatore del CEINGE, ed il gruppo diretto da Giovanna Fusco, direttore della UOC Virologia e responsabile del Dipartimento di Sanità Animale dell’IZSM.
È venuto fuori che le superfici porose hanno una capacità infettante minore rispetto a quelle non porose. Gli studiosi hanno dimostrato che le prime assorbono il virus e pertanto non sono buoni veicoli di contagio per gli esseri umani, mentre sulle superfici non porose il virus riesce a persistere per tempi più lunghi, avendo così maggiore capacità infettante nel tempo.
Un traguardo che i ricercatori hanno raggiunto paragonando la sopravvivenza di due differenti varianti del virus Sars-CoV-2, “Wuhan” e “Omicron”, su 10 differenti fomiti di uso comune (vetro, plexiglass, cartone, alluminio ecc.). Oggetti e superfici che vengono utilizzati normalmente nella vita di tutti i giorni. Il lavoro svolto da un team di circa 15 esperti, ha richiesto mesi di esperimenti, attraverso la manipolazione di ceppi vivi di virus per la contaminazione delle superfici nel laboratorio di Biosicurezza Livello 3 (BLS3) di cui è dotato l’IZSM.
«Il disegno sperimentale dello studio prevedeva la contaminazione di materiali vari con le diverse varianti di Sars-CoV- 2, circolate nel periodo 2020-2022 in Campania e ciò al fine di stabilire i tempi di sopravvivenza del virus nell’ambiente – spiega Giovanna Fusco –. La variante più recente di Sars-CoV-2 lignaggio BA.1, meglio nota come Omicron, ha mostrato una capacità di sopravvivere sulle differenti superfici maggiore rispetto al ceppo originario Sars-CoV-2 lignaggio B.1, comprovando che le mutazioni modificano le caratteristiche del virus, rendendolo maggiormente in grado di sopravvivere nell’ambiente e di conseguenza, infettare un ospite».
«Nel lavoro è descritta la vita media del virus su diversi materiali – dice la dottoressa Federica Di Maggio, ricercatrice del gruppo del prof. Salvatore –. Sulla plastica, ad esempio, sopravvive fino a 48 ore. Pensiamo a quanti oggetti di uso comune, anche i giocattoli dei bambini, sono di plastica. Riteniamo questa ricerca di grande importanza in quanto negli ultimi anni pochissimi sono stati gli studi volti alla comprensione dell’infezione indiretta del Sars-CoV-2».
«Il nostro prossimo obiettivo – aggiunge il prof. Franco Salvatore – è non soltanto estendere la ricerca ad altri materiali, compreso i cibi, ma di verificare su di essi la sopravvivenza anche di altri coronavirus».
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica di alto impatto Emerging Microbes & Infections*.