La Salute mentale è un pilastro essenziale per il benessere individuale e collettivo, influenzando l’istruzione, il lavoro, l’integrazione sociale e la sicurezza. Tuttavia, gli attuali investimenti non sono all’altezza dei bisogni, creando un crescente divario tra domanda e risorse disponibili. Si è parlato di questo nel corso dell’evento “La Salute mentale nei territori”, organizzato da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Johnson & Johnson e Otsuka. “La valutazione degli indicatori di outcome emerge come una priorità fondamentale per misurare l’efficacia delle pratiche di cura e intervento – spiega il Professor Giuseppe Ducci, Direttore Dsm Asl Roma 1. Attraverso un’analisi sia qualitativa che quantitativa, è possibile ottenere una comprensione più
profonda dell’impatto delle politiche e dei servizi sulla salute mentale, con un focus specifico sull’Italia Centrale. Un sistema sanitario efficace richiede un’organizzazione ottimale dei servizi, con un’enfasi particolare sull’integrazione socio-sanitaria. La collaborazione tra servizi sanitari,
organizzazioni sociali e comunità può migliorare notevolmente
l’accessibilità, la tempestività e l’efficacia delle cure”
“Il paziente nel lavoro quotidiano denso di tentativi, riflessioni, fallimenti e
nuovi tentativi più efficaci delle nostre equipe multiprofessionali ha segnato sentieri in deserti emozionali che ci hanno insegnato tanto – dice Massimo Mari, direttore del dipartimento Salute mentale, Ast Ancona. Il nostro sapere di non
sapere ci ha permesso di ascoltare l’altro da Sé, aiutandolo a scoprire ciò che non sapeva di sapere, avendo, oltre la soddisfazione di osservare tanti cambiamenti e maturazioni personali, sia nelle persone in cura che negli allievi”. “Trovo fondamentale un confronto interdisciplinare su una delle questioni più cruciali, resa ancor più evidente dalla pandemia – conclude Giuseppe Quintavalle, Commissario straordinario della Asl Roma 1- Dovremmo capitalizzare sull’apporto del PNRR per potenziare il territorio in vari ambiti, come logistica ed efficientamento informatico, e per riorganizzare i servizi di salute mentale. È evidente che la salute mentale stia subendo nuove configurazioni a causa dell’emergenza sanitaria, con un aumento delle patologie anche tra i giovani, adolescenti compresi. È imperativo affrontare non solo le risposte psicologiche, ma anche quelle psichiatriche e acute. L’invecchiamento della popolazione ci imporrà di rivedere e riorganizzare i servizi, tra cui le case di comunità, l’assistenza domiciliare e la formazione dei caregiver. Questi temi cruciali richiedono una seria riflessione e azione”.
UIL LAZIO: AUMENTANO PATOLOGIE, DIMINUISCONO FONDI
Sono aumentati del 45% gli accessi ai pronto soccorso per cause neuropsichiatriche tra i giovani under 25. In forte crescita le dipendenze da cannabis e alcol, da videogiochi e mondo virtuale, i disturbi del comportamento
alimentare (anoressia soprattutto), gli episodi di cutting e i tentati suicidi, senza arrivare fortunatamente poi al gesto vero e proprio. Anche se i suicidi rappresentano la seconda causa di morte tra i giovanissimi, dopo gli incidenti stradali. Questa la fotografia scattata dalla Uil Lazio in un’inchiesta sui disturbi giovanili, condotta dal sindacato tra le scuole superiori e i dipartimenti di neuropsichiatria degli ospedali e delle Asl di Roma e della regione. Una situazione che l’eccesso di virtuale, l’isolamento della Dad e il Covid hanno acuito oltre misura. Ma a tale richiesta sempre più crescente non è seguita e
non corrisponde oggi un incremento dell’offerta. Anzi, a ben guardare i finanziamenti e le strutture di cura della Salute mentale sono diminuiti, sia a livello regionale sia nazionale, con un ulteriore aggravamento della situazione.
“La Salute mentale è quasi una branca fantasma della Sanità – riferisce il dirigente del Tsmree della Asl Roma 1, Bruno Spinetoli, uno degli Neuropsichiatri interpellati dalla Uil Lazio – è come un’anagrafe indiana dove molti nuovi nati non vengono iscritti ed è come se non esistessero”. Non esiste infatti un database con i dati dei pazienti, né dei farmaci assunti, né delle patologie più diffuse. E se riusciamo a sapere che a livello nazionale, ad esempio, l’autismo colpisce un italiano su 75, il disturbo bipolare coinvolge un connazionale su 160, la schizofrenia uno su 180, non c’è un dato locale in tal senso, tranne che per le solite regioni virtuose: Emilia-Romagna, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Toscana. Nel resto della penisola si naviga a vista, affidandosi al buon senso dei medici che cercano di realizzare database interni alla propria struttura operativa e scollegati da tutto il resto. Questo fa sì che non si possano prevedere dei finanziamenti ad hoc e ogni stanziamento è fortemente sottostimato e non in linea con le esigenze. “A livello nazionale mancano due miliardi alla Salute mentale e nessuno se ne cura”, affermano i medici. Il riferimento va soprattutto all’accordo stato regioni del 2011 quando venne stabilito che al settore dovesse essere destinato il 5% del fondo sanitario nazionale. Attualmente viene stanziato circa il 3% a livello nazionale e il 2,5% nel Lazio e in quasi tutte le regioni meridionali. Ciò significa che molti pazienti sono abbandonati a loro stessi con tutti i rischi che ne conseguono. Basti pensare che nella Capitale d’Italia i reparti di neuropsichiatria infantile con degenza si trovano soltanto in due ospedali – il Bambino Gesù e il Policlinico Umberto I – per un totale di 20 posti letto, cui vanno aggiunti altri 2-3 presso il policlinico di Tor Vergata e altri 40 posti dislocati su due cliniche convenzionate. Un totale quindi di poco più di 60 posti letto per coprire l’intero fabbisogno del Lazio e spesso di altre regioni soprattutto del Centro Sud. “Uno spaccato allarmante che non può essere trascurato – commenta il segretario generale della Uil Lazio, Alberto Civica – abbiamo avviato quest’inchiesta proprio perché ci siamo resi conto di quanto il fenomeno sia sottovalutato a livello politico e, andando avanti, ci siamo resi conto che la situazione è anche peggio di quanto pensassimo. La mancanza ad esempio di informatizzazione rappresenta un handicap grave nella cura e nella prevenzione e non permette una visione oggettiva dello stato delle cose. Ancora peggio se consideriamo la carenza di strutture e personale che si traduce purtroppo in mancata assistenza. A volte anche in casi gravi e con numeri fortemente in crescita”.
Nella sola Asl Roma 1 nel 2022 ad esempio gli accessi al dipartimento di Salute mentale under diciotto hanno coinvolto 9.700 ragazzi. Un dato che negli ultimi tre anni ha registrato un aumento di circa il 40% già soltanto negli accessi al pronto soccorso della regione, con un incremento significativamente superiore a quello nazionale (+24,2% per la fascia 18-24 e +3,3% tra i 25-34enni).
Si supera il 45% se si considerano invece gli accessi dei 18-25 enni nel 2022 rispetto al 2019. Tra le cause più frequenti la disregolazione emotiva, le sindromi nevrotiche, depressione, disturbi alimentari, dipendenze di vario tipo. Sono cresciute in maniera esponenziale ad esempio le dipendenze da cannabis, alcol e cocaina e il cyberbullismo con effetti anche nefasti. Un discorso a parte merita infatti il mondo virtuale che ha spesso indirettamente contribuito all’incremento dei disturbi e delle dipendenze, perché – spiegano i dirigenti della Asl Roma 1 – spesso l’adolescenza perde la percezione del proprio corpo, identificandosi con quello del gioco e di conseguenza non valuta ciò che può derivare da alcuni comportamenti patologici. Ed è proprio la dipendenza da telefonino una delle patologie più diffuse. “Ci sono ragazzi che dormono con il cellulare sotto il cuscino per riuscire a rimanere aggiornati su eventuali notifiche anche durante la notte- spiega Stefano Vicari, primario della neuropsichiatria del Bambino Gesù interpellato dal sindacato – questo significa non riuscire a riposare adeguatamente e aver sviluppato una vera e propria dipendenza, pericolosa quanto droga e alcol. Non è un caso – prosegue Vicari – che l’aumento degli accessi in neuropsichiatria sia cominciato sin dal 2013, anno in cui i prezzi dei telefonini sono cominciati a scendere, divenendo quasi alla portata di tutti. Poi il Covid ha fatto ulteriormente schizzare la curva in alto. Covid che ha significato isolamento, quindi maggiore tempo trascorso tra virtuale e telefonini”. E il Covid segna proprio uno spartiacque in tal senso. Tutti gli specialisti interpellati, infatti, concordano nell’affermare che la pandemia ha fortemente incrementato le patologie psichiatriche e fatto sorgere delle nuove, come la sindrome da Hikikomori, ovvero l’isolamento volontario tra le mura della propria camera e il mancato contatto con il mondo esterno. Isolamento che, secondo Giuseppe Ducci, dirigente del dipartimento di salute mentale della Asl Roma 1, sarebbe provocato anche da una causa organica originata proprio dal cosiddetto long Covid. La mancata relazione con il mondo esterno, causata anche dall’incapacità delle famiglie e della scuola di gestire i nuovi fenomeni, ha portato allo sviluppo di patologie sempre più eterogenee e spesso difficilmente classificabili secondo la metodica classica e quindi più difficilmente diagnosticabili e curabili. Uno spaccato preoccupante di cui la politica sembra però disinteressarsi. Non solo manca un sistema informatico
centralizzato che possa permettere l’individuazione dei disturbi e delle patologie più diffusi o gli accessi nelle apposite strutture ma – da quanto riferito unanimemente – sembra mancare un interesse per il settore. Disinteresse che si traduce in carenza di fondi e di risorse umane. Mancano medici, ma mancano anche infermieri e operatori sanitari nel settore. Il numero di medici specializzato nella diagnosi e cura delle patologie psichiatriche dei minori che lavorano nel pubblico si attesta infatti a 3,1 per 100 mila abitanti.