Un numero crescente di studi suggerisce che i medici possono offrire la terapia con recettori chimerici dell’antigene (CAR) in modo sicuro ed efficace su base ambulatoriale, il che amplierebbe l’accesso a queste terapie finora limitate a centri altamente specializzati.
In uno studio recente, un trial di fase 2 finanziato dall’industria, i ricercatori hanno riscontrato risultati simili nella terapia ambulatoriale e in quella ospedaliera con cellule CAR per il linfoma a grandi cellule B recidivante/refrattario con lisocabtagene maraleucel (Breyanzi).
Un altro studio recente ha riportato che il trattamento ambulatoriale del linfoma non-Hodgkin a cellule B con tisagenlecleucel (Kymriah) ha avuto un’efficacia simile al trattamento ospedaliero. Nel frattempo, una revisione del 2023 sulla terapia con cellule CAR-T in vari contesti ha rilevato risultati simili nel trattamento ambulatoriale e in quello ospedaliero.
“Il futuro della terapia con cellule CAR-T sta nel bilanciare sicurezza e accessibilità”, ha dichiarato in un’intervista Rayne Rouce, medico, oncologo pediatrico presso il Texas Children’s Cancer Center di Houston, Texas. Espandere la terapia con cellule CAR-T al di fuori dei grandi centri ospedalieri è un passo fondamentale.
Grandi risultati, basso accesso
Dal 2017, la FDA ha approvato sei terapie a base di cellule CAR-T, che colpiscono il cancro sfruttando la potenza delle cellule T del paziente stesso. Le cellule T vengono prelevate dal corpo del paziente e modificate geneticamente per produrre il recettore chimerico dell’antigene, o CAR, che si lega a proteine specifiche sulla superficie delle cellule tumorali. Le cellule modificate vengono coltivate e poi infuse nuovamente nel corpo, dove si moltiplicano e possono essere in grado di distruggere tutte le cellule tumorali.
Una o più terapie sono state approvate per il trattamento di tipi di leucemia linfoblastica, linfoma a cellule B, linfoma follicolare, linfoma a cellule mantellari e mieloma multiplo.
Una revisione dei dati degli studi clinici del 2023 ha riportato tassi di risposta completa del 40-54% nel linfoma a cellule B aggressivo, del 67% nel linfoma a cellule mantellari e del 69-74% nel linfoma a cellule B indolente.
“La commercializzazione della terapia con cellule CAR-T ha fatto crescere la speranza che l’accesso si espandesse al di là dei principali centri ospedalieri e di ricerca con infrastrutture altamente specializzate e laboratori avanzati necessari per produrre e infine trattare i pazienti”, ha dichiarato Rouce. Tuttavia, è apparso subito chiaro che i pazienti che vivono lontano dai centri di eccellenza non sono ancora in grado di accedere a queste terapie potenzialmente salvavita.
Un rapporto di 2024 ha stimato il costo della terapia con cellule CAR-T tra i 700.000 e il milione di dollari e ha affermato che solo una piccola percentuale di coloro che, negli Stati Uniti, potrebbero beneficiare del trattamento lo ottiene effettivamente. Per esempio, si stima che solo 10.000 pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B potrebbero beneficiare della terapia CAR T ogni anno, ma un’indagine condotta nel 2021 su 200 centri sanitari statunitensi ha rilevato che complessivamente sono state eseguite 1900 procedure per tutte le indicazioni.
In Italia i centri autorizzati sono una trentina, in 15 Regioni. Otto di essi si trovano in Lombardia.
La distanza dal trattamento è un ostacolo importante
Sebbene più di 150 centri statunitensi siano certificati per somministrare la terapia, “la distanza dai principali centri medici con capacità di somministrazione di cellule CAR-T è un ostacolo importante”, ha dichiarato in un’intervista Yuliya Linhares, primario di ematologia oncologica presso il Miami Cancer Institute di Miami, Florida.
“Ho avuto pazienti che hanno scelto di non procedere con la terapia CAR-T a causa dell’impossibilità di viaggiare fino al centro medico per gli appuntamenti e le valutazioni pre-CAR T e della mancanza di caregiver disponibili a rimanere nelle vicinanze”, ha detto Linhares.
In effetti, le sfide che devono affrontare i pazienti che si spostano possono essere schiaccianti, ha dichiarato in un’intervista Hoda Badr, professore di medicina al Baylor College of Medicine di Houston, Texas.
“Devono assentarsi dal lavoro, trovare un alloggio vicino ai luoghi di cura e gestire le spese di viaggio, tutte cose che mettono a dura prova le limitate risorse finanziarie. L’impossibilità di sostenere queste spese aggiuntive può portare a ritardi nel ricevere le cure o a rinunciarvi del tutto”, ha detto Bahr. Ha aggiunto che “il peso psicologico e sociale della lontananza dai sistemi di supporto della famiglia e della comunità durante il trattamento può intensificare lo stress di una situazione già difficile”.
La terapia con cellule CAR-T in comunità
Linhares è l’autore principale dello studio di fase 2 che ha esplorato la somministrazione di lisocabtagene maraleucel in 82 pazienti con linfoma a grandi cellule B recidivato/refrattario. I risultati sono stati pubblicati il 30 settembre su Blood Advances.
Lo studio OUTREACH, finanziato da Juno/Bristol-Myers Squibb, ha trattato pazienti in terza linea e oltre in centri medici comunitari (70% in regime ambulatoriale; 30% in regime di ricovero). Lo studio non richiedeva che le strutture fossero certificate dalla Foundation for the Accreditation of Cellular Therapy (FACT, l’ente che negli USA verifica l’idoneità alla produzione e somministrazione di terapie cellulari); tutte dovevano essere centri oncologici non terziari e non associati a un’università. Per poter somministrare la terapia in regime ambulatoriale, i centri dovevano avere capacità di fase 1 o di trapianto di cellule staminali ematopoietiche.
Come ha spiegato Linhares, il 72% dei centri partecipanti non aveva mai somministrato una terapia con cellule CAR-T e il 44% non aveva l’accreditamento FACT. Circa il 32% dei pazienti ha ricevuto le CAR-T in siti CAR-T naïve, mentre il 70% dei pazienti ha ricevuto le CAR-T in regime ambulatoriale. Gli sperimentatori hanno dovuto decidere se i pazienti erano idonei per il follow-up ambulatoriale o se dovevano essere ricoverati .
Stessi esiti in ambulatorio e in ospedale
Per quanto riguarda i risultati, gli eventi avversi di grado 3 o superiore si sono verificati con una frequenza simile tra i pazienti ambulatoriali e quelli ricoverati (74% e 76%), ha dichiarato Linhares. Non si sono verificati eventi avversi di grado 5 e il 25% dei pazienti trattati ambulatorialmente non è mai stato ricoverato.
I tassi di risposta sono stati simili a quelli dello studio principale TRANSCEND, con un tasso di risposta obiettiva dell’80% e un tasso di risposta completa del 54%.
“Complessivamente – ha detto Linhares – il nostro studio ha dimostrato che, con la disponibilità di procedure operative standard, di personale appositamente formato e di un team multidisciplinare addestrato alla gestione della tossicità da CAR-T, la somministrazione in regime di ricovero e ambulatoriale è fattibile in centri medici comunitari specializzati”.
Nel 2023, un altro studio ha esaminato pazienti con linfoma non-Hodgkin a cellule B trattati ambulatorialmente con tisagenlecleucel. I ricercatori hanno riferito che la terapia ambulatoriale era “fattibile e associata a risultati di efficacia simili a quelli del trattamento in regime di ricovero”.
Una revisione sistematica della letteratura del 2023 ha identificato 11 studi che hanno riportato i risultati della terapia con cellule CAR T in regime ambulatoriale rispetto a quella in regime di ricovero, riscontrando tassi di risposta comparabili (80-82% in regime ambulatoriale e 72-80% in regime di ricovero).
Risultati come questi sono una buona notizia, ha detto Badr del Baylor College of Medicine. “La somministrazione ambulatoriale potrebbe contribuire a diffondere la disponibilità di questa terapia in una gamma più ampia di strutture sanitarie, comprese quelle che servono popolazioni poco servite. I risultati indicano profili di sicurezza promettenti, il che è incoraggiante per espandere l’accesso”.
Non tutti i pazienti tollerano le cure ambulatoriali
Linhares ha osservato che i pazienti che hanno ricevuto cure ambulatoriali nello studio con lisocabtagene maraleucel erano in condizioni migliori rispetto a quelli del gruppo ricoverato. I pazienti selezionati per l’assistenza ospedaliera avevano “caratteristiche di rischio di malattia più elevate, tra cui l’istologia del linfoma a cellule B di alto grado, un carico di malattia più elevato e avevano ricevuto una terapia ponte. Ciò indica che gli sperimentatori hanno selezionato correttamente i pazienti a maggior rischio di complicazioni per l’osservazione in regime di ricovero. Inoltre, alcuni pazienti sono rimasti ricoverati a causa di fattori sociali, che aumentano la durata della degenza indipendentemente dalle caratteristiche della malattia.
Nello specifico, le ragioni del monitoraggio in regime di ricovero sono state le caratteristiche della malattia (48%), tra cui il carico tumorale e il rischio di eventi avversi; i fattori psicosociali (32%), tra cui la mancanza di supporto da parte del caregiver o di trasporto; le precauzioni legate a COVID-19 (8%); gli eventi avversi pre-infusione (8%), tra cui febbre e reazione vasovagale; e la decisione dello sperimentatore principale (4%), a causa della limitata esperienza ospedaliera con la terapia CAR-T.
Secondo Rouse del Texas Children’s Cancer Center, “alcuni pazienti, in particolare quelli con un rischio più elevato di complicazioni o che richiedono un monitoraggio intensivo, potrebbero non essere adatti alla terapia con cellule CAR-T in regime ambulatoriale”. Questo può essere dovuto ad altre comorbidità o a fattori di base noti per predisporre a tossicità legate alle CAR-T. Tuttavia, gli algoritmi di riduzione del rischio possono ancora consentire un trattamento ambulatoriale strettamente monitorato, riconoscendo tempestivamente la necessità di un ricovero in caso di effetti collaterali.
Rouce ha sottolineato che il suo istituto, come molti altri, offre la terapia con cellule CAR-T in regime ambulatoriale. “Inoltre, le continue innovazioni scientifiche, come le terapie cellulari immediatamente disponibili e gli induttori di apoptosi miglioreranno l’accesso”.
Linhares ha sottolineato che le CAR-T hanno ora un’indicazione come terapia di seconda linea nel linfoma a grandi cellule B recidivante/refrattario e che sono in corso studi clinici che potenzialmente porteranno le CAR-T in prima linea. Alcuni studi stanno esplorando le CAR-T allogeniche, subito disponibili, per il trattamento del linfoma a grandi cellule B positivo alla malattia minima residua dopo il completamento della terapia di prima linea.
Questi potenziali progressi “stanno aumentando la necessità di centri medici in grado di trattare con le CAR-T”, ha osservato Linhares. Tuttavia, “è molto probabile che altre terapie mirate innovative, come gli anticorpi bispecifici, vengano utilizzate al posto delle CAR-T nelle aree con scarso accesso ale CAR-T”. L’efficacia degli anticorpi bispecifici in varie forme di linfoma a cellule B è attualmente in fase di studio.