La ricerca, coordinata dal professore Michele Caraglia, responsabile del Laboratorio di Oncologia Molecolare e di Precisione di Biogem, ha messo in luce l’uso innovativo di nanoparticelle per veicolare microRNA (miRNA) come potenziale trattamento per il glioblastoma, uno dei tumori cerebrali primari più aggressivi. Il lavoro, svolto dalla dottoressa Marianna Abate (Biogem) e dalla professoressa Silvia Zappavigna (Università della Campania L. Vanvitelli), coadiuvate dai professori Giuseppe De Rosa e Virginia Campani (Dipartimento di Farmacia Università Federico II) e dai dottori Carlo Leonetti e Manuela Porru (Istituto Superiore di Sanità), riguarda, in particolare, il glioblastoma multiforme, che rappresenta il 54% di tutti i gliomi, con un’incidenza del 15% su tutti i tumori cerebrali primari negli adulti. Una neoplasia fatale, caratterizzata, solitamente, da una sopravvivenza mediana di soli 15 mesi dal momento della diagnosi.
<<Nonostante i progressi nella caratterizzazione molecolare del glioblastoma – osserva Marianna Abate – il trattamento non è ancora personalizzato e si basa su un protocollo che prevede una resezione chirurgica e, a seguire, radioterapia e chemioterapia, quest’ultima successivamente ripetuta, con una prognosi, purtroppo, infausta>>. <<Grazie a questo nostro studio – precisa la dottoressa Abate – abbiamo invece sviluppato una terapia combinata a base di miRNA, miR-603 e miR-221, aventi come bersaglio l’enzima O6-metilguanina metil transferasi (MGMT), un enzima di riparo del DNA che induce chemio-resistenza>>.
<<Gli studi condotti in vitro – rivela ancora la dottoressa Abate – hanno dimostrato la biocompatibilità delle formulazioni di nanoparticelle utilizzate e l’effetto sinergico del trattamento combinato con il chemioterapico. Le indagini eseguite su modello animale di glioblastoma hanno riscontrato, in particolare, un aumento della sopravvivenza degli animali pari a circa il 30%. È stato infatti possibile osservare, dopo appena quattro settimane di trattamento, una stabilizzazione della malattia nel 66% dei casi esaminati>>.
<<Obiettivo del lavoro da me coordinato – conferma il professore Caraglia – è proporre una strategia terapeutica innovativa per il trattamento del glioblastoma>> e <<i risultati emersi – assicura infine il professore – rappresentano una speranza concreta per migliorare gli esiti clinici dei pazienti affetti da questa forma devastante di cancro>>.