Nuova allerta per il virus dell’aviaria
Il punto della situazione
L’influenza aviaria è una malattia virale che colpisce prevalentemente gli uccelli, ma può contagiare anche altri animali, inclusi i gatti. Sebbene il rischio per gli esseri umani sia generalmente basso, è importante monitorare attentamente l’evoluzione di questo virus per prevenire eventuali conseguenze sulla salute pubblica.
Il virus dell’influenza aviaria appartiene al tipo A, noto per la sua instabilità genetica, che può portare a mutazioni durante la replicazione del DNA. Questo aspetto rende il controllo sanitario essenziale per individuare eventuali varianti capaci di infettare l’uomo. Tra i virus appartenenti a questa categoria, il ceppo H5N1 è quello considerato più pericoloso per gli esseri umani, sebbene la possibilità di trasmissione sia limitata.
I rischi per l’uomo
Secondo l’ECDC (Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie), il rischio di contrarre l’influenza aviaria è generalmente basso per la popolazione generale. Tuttavia, può diventare moderato per i lavoratori che operano in allevamenti infetti o in ambienti contaminati. I sintomi, in caso di infezione umana, sono solitamente lievi, come congiuntivite o problemi respiratori.
Il timore di una nuova pandemia ha portato a un’intensificazione dei controlli a livello globale. L’Italia, in particolare, ha rafforzato la sorveglianza grazie al coordinamento del Ministero della Salute, del Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria e dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie. I test diagnostici per l’identificazione del ceppo H5N1 sono stati accelerati per individuare rapidamente eventuali casi.
Immunità e prevenzione
Un aspetto cruciale emerso negli ultimi anni è il legame tra l’immunodeficienza e il rischio di contrarre infezioni come l’influenza aviaria. Questo rischio potrebbe essere aumentato da modifiche nel nostro sistema immunitario, talvolta legate a complicanze della terapia genica o ad altri fattori.
Per questo motivo, è importante valutare lo stato del sistema immunitario attraverso esami specifici come la tipizzazione linfocitaria, un’analisi eseguita con una tecnica avanzata chiamata citofluorimetria. Questo test permette di monitorare la condizione delle cellule immunitarie e di individuare eventuali fragilità che potrebbero rendere l’organismo più vulnerabile.
professor Corrado Perricone, responsabile scientifico della Fondazione Mediterraneo, sottolinea l’importanza della tipizzazione linfocitaria come strumento di prevenzione e diagnosi precoce. La Fondazione Mediterraneo, impegnata da tempo nella promozione di iniziative per la salute pubblica, è in prima linea nella sensibilizzazione su questi temi.
Conclusione
L’influenza aviaria rimane una minaccia circoscritta ma da non sottovalutare. La combinazione di controlli sanitari, sorveglianza epidemiologica e monitoraggio del sistema immunitario rappresenta la chiave per affrontare questa sfida con serenità e consapevolezza. La collaborazione tra scienza e prevenzione è fondamentale per proteggere la salute della popolazione e contenere eventuali rischi futuri.
Influenza aviaria dunque: indiscutibilmente un problema di salute animale e salute pubblica da gestire con un approccio One Health. È una malattia infettiva contagiosa dei volatili domestici e selvatici in cui decorre con sintomatologia più o meno grave, a seconda del ceppo coinvolto che può essere a bassa o alta patogenicità.
È sostenuta dal virus influenzale di tipo A, che annovera diversi sottotipi sulla base delle variazioni antigeniche delle due proteine di superfiche denominate H (emoagglutinina) e N (neuroaminidasi). Sono stati individuati 18 H e 11 N che si combinano insieme formando una serie di sottotipi, di cui H5N1 e H7N7 sono quelli di maggiore interesse per la sanità pubblica. Questi ultimi sono sorvegliati speciali per l’Organizzazione Mondiale della Sanità per il loro potenziale pandemico e zoonotico.
H5N, infatti, ha una circolazione molto vasta e potrebbe mutare in fretta. Il potenziale pandemico deriva dalla enorme instabilità genetica dei ceppi che vanno incontro a mutazione, la più grave è lo spostamento antigenico, ovvero il riassortimento di un intero gene, tra uno o più stipiti di specie diversa. Questo evento è stato la base scatenante delle tre pandemie del secolo scorso e si verifica quando un vettore (uomo o suino) si infetta contemporaneamente con il virus aviario e il virus influenzale della propria specie. Dunque, quanto più il virus riesce a circolare tra i mammiferi e acquisisce mutazioni, si accorcia la distanza dall’uomo (spillover).
Inizialmente, si riteneva che i virus influenzali aviari non potessero infettare l’uomo e, solo a partire dal 1997, anno in cui sono stati documentati i primi casi di infezione umana da H5N1, le istituzioni sanitarie internazionali hanno preso consapevolezza della pericolosità dei ceppi in questione e hanno disposto che in tutti i Paesi si attuassero piani di monitoraggio per il rapido rilevamento negli allevamenti avicoli dei sottotipi H5 e H7. Il Piano nazionale di sorveglianza si effettua a tutt’oggi con l’obiettivo di intercettare la circolazione dell’influenza aviare e comunicarne tempestivamente il ritrovamento al Ministero della Salute che, a sua volta, riferisce all’Autorità internazionale al fine di impedire la circolazione dei sottotipi H5 e H7 e salvaguardare la salute umana globale. In caso di rilevamento positivo, le misure sanitarie intraprese sono stringenti e prevedono l’abbattimento di tutto il pollame presente nel focolaio. Le misure sanitarie messe in campo funzionano e il rischio per la salute umana è contenuto. In Italia non si registrano casi umani di influenza aviare e i focolai da H5N1 sono stati registrati nell’attuale stagione invernale in alcuni allevamenti di galline ovaiole e tacchini da carne delle Regioni Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna.