Se negli ospedali mancano medici e infermieri, non sarebbe solo per una questione economica. Le risorse ci sarebbero, ma non verrebbero utilizzate. Ne è convinto il ministro della Salute Orazio Schillaci, che respinge al mittente le critiche alla Manovra mosse dai camici bianchi. I medici, però, protestano contro il definanziamento della sanità pubblica e il taglio alle pensioni future dal 5% al 25% (per chi ha iniziato a lavorare dal 1981 al 1995).
«Più della metà delle Regioni il tetto di spesa per il personale non lo hanno raggiunto. Perché non assumono?», ha chiesto il ministro rivolgendosi ieri a Roma a centinaia di direttori generali di aziende ospedaliere presenti alla Convention della loro Federazione. Era stato proprio il presidente di Fiaso, Giovanni Migliore, a chiedere di togliere il tetto di spesa ai costi per il personale, che risale al 2004. «Due decenni in cui le aziende sanitarie si sono confrontate con l’impossibilità di assumere nuovi professionisti» ha denunciato. Mentre «servirebbero subito 30mila assunzioni tra medici e infermieri».
L’ALLARME
Nessuna preclusione a fare a meno del tetto, assicura Schillaci. Ma prima bisogna capire dov’è che si inceppa il sistema delle assunzioni, senza le quali diventa impossibile accorciare anche le liste di attesa. «Le Regioni precisa il ministro – hanno utilizzato il 69% delle risorse stanziate per far fronte al problema. Quando leggo che ci vogliono due anni per una mammografia rabbrividisco, ma i numeri sono basati su rilevazioni sporadiche». La priorità, secondo Schillaci, è avere i dati corretti. «Senza un registro dei tempi di attesa – conclude – siamo bloccati. Stiamo creando un sistema con Agenas per controllare, ma i dati ce li devono dare le Regioni. Così come dev’esserci un Cup unico per le prenotazioni, che metta insieme sistema pubblico e privato convenzionato».
Ma tra i sindacati e le associazioni di categoria l’allarme è forte per il rischio fuga dalle corsie degli ospedali o dalle pubbliche amministrazioni. Se la norma in Manovra non cambia come auspicato da Schillaci, da qui al 2043 la platea massima delle persone coinvolte dal taglio alle pensioni future può arrivare a circa 730mila. Per Carlo Palermo, di Anaao Assomed, «già entro la fine dell’anno, oltre alle 7mila uscite GIà previste, rischiano di lasciare altri 3mila medici: hanno i requisiti per la pensione e possono trattenersi fino a 70 anni, ma ora non gli conviene più». Potrebbero uscire dal lavoro prima, secondo il sindacato, altri 3-4mila medici nel 2024, senza considerare chi non ha ancora i requisiti, ma «sfiduciato dalle nuove regole potrebbe scegliere di andare a lavorare nel privato». Nei prossimi 10-15 anni, per Palermo «sono 50mila i medici coinvolti dal taglio». La sforbiciata sulle pensioni future, sempre per chi ha iniziato a lavorare dal 1981 al 1995, riguarda anche i dipendenti sanitari non medici, gli ufficiali giudiziari e i lavoratori di Regioni e Comuni. Secondo Fp Cgil tra di loro in decine di migliaia potrebbero “scappare” nel privato nei prossimi anni o anticipare la pensione.