«Ogni intervento viene pianificato a seconda del caso, ricorrendo alla tecnica più adatta».
E tra le tecniche più efficaci, spiega Angrisani, c’è la sleeve gastrectomy (o gastrectomia
verticale) nata come primo tempo di un intervento più complesso chiamato duodenal switch. «In sostanza, l’intervento consiste nella resezione verticale e asportazione del
70-80% dello stomaco. In questo modo si ottiene la trasformazione della naturale conformazione del viscere da sacciforme a tubulare. Il tubulo gastrico neoformato può contenere 150-200 centimetri cubi di volume ed è in diretta continuità con l’esofago e il duodeno. L’asportazione del fondo dello stomaco determina una diminuzione dei livelli ematici di grelina, ormone che controlla il senso della fame. Questo, assieme alla diminuita capacità di riempimento dello stomaco, consente di ridurre l’introito calorico alimentare e quindi procurare la perdita di peso corporeo». La gastrectomia verticale è particolarmente
indicata nei pazienti diabetici, nei super obesi, e offre dei risultati del tutto sovrapponibili a quelli del bypass gastrico nei primi tre anni dopo l’intervento. «Questo intervento – conclude Angrisani –, oltre a essere considerato quello di prima scelta nel nostro centro, può essere usato anche come intervento di revisione dopo il fallimento del bendaggio
gastrico».